Cass. civ. Sez. lavoro, 19/1/2016, n. 836

Lavoro – Lavoro subordinato (in genere) – Condizioni di lavoro – Tutela – Obbligo di sicurezza del datore – Prestazione di lavoro – Astensione – Legittimità del comportamento del lavoratore

Il datore di lavoro è obbligato a garantire ai lavoratori la sicurezza e la tutela della condizioni di lavoro, adottando, nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. La violazione di tale obbligo legittima questi ultimi ad astenersi dall’eseguire la prestazione, eccependo l’inadempimento altrui. I prestatori di lavoro conservano, tuttavia, il diritto alla retribuzione, non potendo subire le conseguenze sfavorevoli dovute all’inadempimento del datore di lavoro.

Cass. civ. Sez. lavoro, 14/1/2016, n. 496

Lavoro – Lavoro subordinato – Categoria, qualifica, mansioni  (mutamento di mansioni)  – Onere della prova

Il datore di lavoro è tenuto a provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziali, l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse compatibili. Siffatta prova non deve, tuttavia, essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile repechage, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro in cui il medesimo poteva essere utilmente ricollocato. A fronte di tale allegazione, il datore di lavoro ha l’onere di provare la non utilizzabilità nei posti predetti.

Cass. civ. Sez. lavoro, 12/1/2016, n. 275

Lavoro – Lavoro subordinato – Lavoro a tempo parziale – Trasformazione a tempo pieno – Valutazione della situazione deteriore per carichi familiari – Sussiste

Il concetto di maggiori carichi familiari, cui si richiama l’art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 61 del 2000, al fine di ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da part-time a full time, non può basarsi unicamente ed astrattamente sul numero dei figli, a prescindere dal carico economico che ciò implica e, dunque, dalle condizioni economiche e patrimoniali del nucleo familiare, bensì con riferimento anche a quest’ultimo aspetto. In definitiva, la predetta norma è volta a tutelare la situazione reddituale deteriore del lavoratore part time per il maggior aggravio derivante sia dal numero dei familiari a carico, sia dal relativo onere economico.

Cass. civ. Sez. lavoro, 12/1/2016, n. 281

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento disciplinare – Immediatezza della contestazione – Ritardo – Tempo necessario per l’espletamento delle indagini – Ammissibilità – Valutazione insindacabile del giudice

Il criterio della immediatezza della contestazione disciplinare va inteso in senso relativo, dovendo nel relativo computo tenersi conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, quali il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti e la complessità dell’organizzazione aziendale. La valutazione in proposito compiuta dal giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata. (Nel caso concreto il giudice del merito, con motivazione congrua e corretta, ha escluso la tardività della contestazione e la conseguente lesione dei diritto di difesa del lavoratore, cui una tempestiva contestazione è finalizzata, evidenziando, dopo aver premesso che la parte datoriale non aveva mai dato ad intendere di voler soprassedere dalla verifica disciplinare, che la nota di contestazione veniva inoltrata una volta completata l’indagine ispettiva e, quindi, in una concentrazione temporale assolutamente congrua).

Cass. civ. Sez. lavoro, 11/1/2016, n. 203

Lavoro – Lavoro subordinato – Licenziamento – Successiva reintegrazione nel posto di lavoro – Decadenza – Presupposti

Ai fini del decorso del termine di decadenza di cui all’art. 18, comma 5, dello Statuto del lavoratori (L. n. 300 del 1970) per il pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegra, assume rilevanza la conoscenza, effettiva e completa, da parte del lavoratore della sentenza di declaratoria di illegittimità del licenziamento, a prescindere dalla comunicazione di avvenuto deposito da parte della cancelleria, potendo avere il valore di questa anche la notificazione, operata dallo stesso ricorrente, della sentenza, ai fini esecutivi della stessa nel capo relativo al risarcimento dei danni da licenziamento illegittimo.

Cass. civ. Sez. lavoro, 8/1/2016, n. 157

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento in genere – Contestualità delle motivazioni – Assenza – Licenziamento inefficace

Alla luce della funzione di garanzia delle comunicazioni di cui all’art. 4, comma 9, della L. n. 223 del 1991, la nozione di contestualità delle medesime deve essere intesa in senso proprio e rigoroso di sostanziale contemporaneità dell’esecuzione dei relativi adempimenti da parte del datore di lavoro. La violazione della predetta sequenza temporale determina di per sé, ai sensi dell’art.5 della L. n. 223 del 1991, l’inefficacia del licenziamento.

Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 8/1/2016, n. 164

Lavoro – Datore di lavoro – Fallimento (in genere) – Trasferimento di azienda – Obbligazioni a carico del datore fino al trasferimento

In caso di cessione di azienda soggetta al regime di cui all’art. 2112 c.c., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto, il datore di lavoro cessionario è obbligato nei confronti del lavoratore, il cui rapporto sia con lui proseguito, quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione, in ragione del vincolo di solidarietà e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione; il datore di lavoro cedente, invece, rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale. Ne consegue la legittimazione del lavoratore a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro cedente.

Cass. civ. Sez. lavoro, 4/1/2016, n. 20

Lavoro – Lavoro subordinato – Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

In tema d’intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, è fatta salva l’incidenza satisfattiva di pagamenti eseguiti da terzi, ai sensi dell’art. 1180, primo comma, cod. civ., e quindi anche di quelli effettuati dal datore di lavoro apparente, la cui conseguente responsabilità per il pagamento dei contributi previdenziali, che si aggiunge in via autonoma a quella del datore di lavoro effettivo in dipendenza dell’apparenza del diritto e dell’affidamento dei terzi di buona fede, non può tuttavia derogare al principio che l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo.

Cass. civ. Sez. lavoro, 22/12/2015, n. 25780

Lavoro – Lavoro subordinato – Categoria, qualifica, mansioni – Mutamento di mansioni – Onere della prova a carico del lavoratore

Quando il lavoratore denuncia l’illegittimità dell’esercizio dello ius variandi a causa di demansionamento o dequalificazione, ha l’onere di allegare gli elementi di fatto significativi circa l’inesatto adempimento dell’obbligo di adibizione a mansioni corrispondenti alla categoria e qualifica di appartenenza o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte; al datore di lavoro incombe invece l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che l’una o l’altro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari ovvero, in base al principio generale di cui all’art. 1218 cod. civ., comunque da una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ordinanza, 15/12/2015, n. 25260

Lavoro – Lavoro subordinato – Danno  non patrimoniale – Diritti e doveri del lavoratore – Mancato riconoscimento di soste obbligatorie alla guida – Pregiudizio concreto subito dal lavoratore – Fattispecie – Sussiste

Il danno da stress o da usura psicofisica del lavoratore, derivante dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie alla guida, si iscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale. La sua risarcibilità presuppone, dunque, la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, gravato, pertanto, dall’onere della relativa specifica deduzione della prova, eventualmente anche attraverso presunzioni semplici. Il carattere non patrimoniale del pregiudizio de quo postula, dunque, una specificazione degli elementi necessari per la sua configurazione, sia con riferimento al tipo di danno configurabile, sia con riferimento ai diversi presupposti rilevanti per ciascuna tipologia di pregiudizio, restando esclusa la configurabilità di un danno in re ipsa. (Gli anzidetti principi nella specie sono stati correttamente applicati dal giudice di primo grado e dalla Corte di Appello, di talché non può trovare accoglimento il ricorso proposto dalla parte datoriale dinanzi al Giudice di legittimità).

Cass. civ. Sez. lavoro, 11/12/2015, n. 25044

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento disciplinare per giusta causa – Fattispecie

In tema di licenziamento disciplinare, costituisce giusta causa di recesso del lavoratore l’indebito riempimento di taniche di benzina per uso personale con spesa posta a carico dell’azienda.

Cass. civ. Sez. lavoro, 11/12/2015, n. 25046

Lavoro – Lavoro subordinato – Licenziamento – Impugnazione – Procedimento – Effetti

In materia di impugnazione del licenziamento, le due fasi del giudizio di primo grado, e dunque quella di cognizione sommaria che inizia con il ricorso ex art. 1, comma 49, L. n. 92 del 2012, e quella di cognizione ordinaria che inizia con l’opposizione ex art. 1, comma 51, L. n. 92, si inseriscono nel medesimo grado e si pongono in rapporto di prosecuzione. Di talché l’opposizione può investire nuovi profili soggettivi ed oggettivi, tra i quali le eccezioni in senso stretto non sollevate dall’interessato durante la fase sommaria, non configurandosi la stessa quale impugnazione, ovvero come istanza di revisione del precedente giudizio, inidonea ad introdurre nuovi temi della disputa.

Cass. civ. Sez. lavoro, 9/12/2015, n. 24844

Lavoro – Lavoro subordinato – Lavoro a termine – Assenza di ragioni giustificative del termine – Invalidità parziale della sola clausola – Conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato

Relativamente al contratto di lavoro a termine, in assenza di ragioni giustificative del termine apposto ed in mancanza di una norma che sanzioni tale omissione, in applicazione dei principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del termine ed alla nullità della relativa clausola, consegue l’invalidità parziale della sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Non assume alcuna rilevanza la qualificazione del termine contenuta nel contratto individuale poiché il D.Lgs. 368 del 2001, stabilisce, all’art. 1, comma 2°, che l’apposizione di un termine senza le ragioni giustificatrici di cui al comma 1°, è da ritenersi priva di effetto, lasciando in vita un contratto di lavoro da intendersi a tempo indeterminato. Trattasi di norma imperativa, determinante la nullità della clausola appositiva del termine.

Cass. civ. Sez. lavoro, 7/12/2015, n. 24801

Lavoro (Rapporto di) – Sospensione cautelare dal servizio – Effetti – Retribuzione in genere – Sanzioni disciplinari – Retribuzione durante la sospensione – Corresponsione in caso di revoca della sospensione – Non corresponsione in caso di licenziamento con effetto ex tunc

Gli effetti della sospensione cautelare dal servizio (provvedimento strutturalmente e funzionalmente autonomo rispetto a quello risolutivo del rapporto) persistono fino all’esito del procedimento penale o disciplinare, il cui esito favorevole condiziona il diritto del lavoratore alla recezione delle retribuzioni non corrisposte. La sospensione si salda con il licenziamento, tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto e legittimando la perdita ex tunc del diritto alle retribuzioni a far data dal momento della sospensione medesima.

Cass. civ. Sez. lavoro, 2/12/2015, n. 24530

Lavoro – Lavoro subordinato – Licenziamento disciplinare – Furto di bene di tenue valore – Lesione del vincolo fiduciario – Non sussiste 

E’ illegittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente per un suo comportamento consistito nell’aver prelevato un bene di valore irrisorio (nella fattispecie di Euro 2,90) e nell’aver negato tale circostanza, pur essendo stato scoperto, per poi riconsegnare il bene solo successivamente. La predetta condotta, infatti, non assume quel carattere di particolare gravità tale da poter determinare la rottura del vincolo fiduciario e da legittimare la sanzione massima di carattere espulsivo obiettivamente sproporzionata rispetto al fatto addebitato e non giustificabile sulla sola base della condotta tenuta dopo la sottrazione del bene, considerata anche l’unicità dell’episodio, la particolare modestia del prodotto sottratto e l’anzianità del lavoratore (nel caso di specie, ben 16 anni senza alcuna sanzione disciplinare).

Cass. civ. Sez. lavoro, 20/11/2015, n. 23791

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Collegamento a esigenze di riorganizzazione aziendale – Non sussiste come causa esclusiva – Esigenze organizzative comunque insindacabili dal giudice

Il giustificato motivo oggettivo del recesso datoriale non deve necessariamente collegarsi ad uno stato di crisi o, comunque, ad oggettive esigenze di riorganizzazione aziendale o riduzione dei costi. Milita in tal senso la insindacabilità delle scelte imprenditoriali, che assegna al giudice un mero potere di verifica della corrispondenza del provvedimento espulsivo rispetto all’esigenza organizzativa invocata, qualunque sia la finalità perseguita.

Cass. civ. Sez. lavoro, 20/11/2015, n. 23799

Lavoro (Rapporto di) – Retribuzione in genere – Elementi costitutivi – Premio di fedeltà – Computo nel TFR – Condizioni

Il premio fedeltà, attesa la sua evidente derivazione eziologica dal rapporto di lavoro, in difetto di una sua esplicita esclusione, deve essere calcolato nella base di computo del trattamento di fine rapporto.

Cass. civ. Sez. lavoro, 5/11/2015, n. 22635

Lavoro (Rapporto di) – Mobbing – Elementi costitutivi – Evento lesivo – Nesso eziologico – Conseguenze – Valutazione

Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato costituisce condotta “mobbizzante” il complesso di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere dai componenti di un gruppo di lavoro o dal datore di lavoro nei riguardi di un lavoratore, caratterizzati da un intento persecutorio e di emarginazione dello stesso, al fine primario di escluderlo dal gruppo. Sono elementi costitutivi del mobbing, dunque, i comportamenti persecutori, illeciti o anche leciti, singolarmente considerati, che con finalità vessatorie siano posti in essere contro la vittima in maniera sistematica e prolungata nel tempo, l’evento lesivo della salute della personalità o della dignità del lavoratore, il nesso eziologico tra le condotte ed il pregiudizio subito dalla vittima e l’intento persecutorio.

Cass. civ. Sez. lavoro, 2/11/2015, n. 22353

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento ingiurioso – Lesione della dignità e dell’onore del lavoratore – Onere della prova a carico del lavoratore

Il carattere ingiurioso del licenziamento che, in quanto lesivo della dignità e dell’onore del lavoratore, dà luogo al risarcimento del danno ulteriore rispetto alle conseguenze previste dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) non si identifica con la mancanza di giustificatezza dello stesso, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso del datore di lavoro. Tali circostanze, tuttavia, devono essere rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio.

Cass. civ. Sez. lavoro, 30/10/2015, n. 22286

Lavoro (Rapporto di) – Patto di prova – Obiettivi tutelati – Verifica nell’interesse delle parti – Verifica già avvenuta in precedenza con esito positivo – Illegittimità del patto

Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti del rapporto a sperimentarne la convenienza; tale patto è da ritenersi illegittimo nel caso in cui la verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le specifiche mansioni in virtù di prestazione resa dallo stesso lavoratore, per un congruo lasso temporale, in favore del medesimo datore di lavoro. Dunque, la ripetizione del patto di prova in due successivi contratti di lavoro, tra le stesse parti, è ammissibile solo se essa, in base all’apprezzamento del giudice di merito, sia finalizzato a consentire all’imprenditore di verificare non solo le qualità professionali ma anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, in quanto elementi suscettibili di modificarsi nel tempo.

Cass. civ. Sez. lavoro, 20/10/2015, n. 21266

Lavoro (Rapporto di) – Controversie – Conversione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato – Speciale indennità ex art. 32, co. 5, l. n. 183/2000 – Profili retributivi e contributivi – Omnicomprensività

In materia di controversie di lavoro aventi ad oggetto la conversione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, l’indennità prevista dall’art. 32, comma 5 della Legge 4 novembre 2000, n. 183 è onnicomprensiva delle conseguenze contributive e retributive patite dal lavoratore e decorre dalla scadenza del termine fino alla sentenza del Giudice che accerti la nullità del detto termine e dichiari la conversione del rapporto di lavoro.

Cass. civ. Sez. lavoro, 16/10/2015, n. 21017

Lavoro (Rapporto di) – Licenziamento per giusta causa – Elementi costituenti la fattispecie – Effetti sul rapporto fiduciario – Irreparabilità della lesione – Sussiste

Per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale; dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare.

Cass. civ. Sez. lavoro, 15/10/2015, n. 20843

Lavoro (Rapporto di) – Retribuzione – Lavoratori impiegati in turni continui e avvicendati – Lavoro notturno – Maggiorazione della retribuzione – Compete

Lavoro (Rapporto di) – Retribuzione – Lavoratori a tempo parziale – Lavoro notturno – Maggiorazione della retribuzione – Compete

La previsione di una maggiorazione per il lavoro notturno in favore dei lavoratori impiegati in turni continui ed avvicendati, per essere il lavoro notturno una costante della turnazione stessa, non può ritenersi esclusa in presenza di una diversità di sequenze, quali quelle previste per i lavoratori a tempo parziale, che, tuttavia, nel loro svolgimento, contemplino il lavoro notturno con caratteristiche di costanza. Al contrario opinando ne deriverebbe un contrasto con la previsione di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 61 del 2000, determinando per il lavoratore turnista a tempo parziale, un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno, con esso comparabile (ovvero con il lavoratore turnista a tempo parziale).

Cass. civ. Sez. lavoro, 30/9/2015, n. 19465

Lavoro (Rapporto di) – Retribuzione – Irriducibilità della retribuzione – Principio a valore non assoluto – Emolumenti accessori e temporanei – Collegamento immediato con la prestazione – Riducibilità degli emolumenti corrispondenti – Sussiste

Il principio della irriducibilità della retribuzione del lavoratore non ha carattere assoluto, non coprendo gli emolumenti accessori o temporanei collegati alle particolari modalità della prestazione eseguita. Di talché va esente da censure la pronuncia del giudice di merito che rigetti la domanda del lavoratore volta alla conservazione della retribuzione già percepita come guardiano notturno (pur in assenza di espressa previsione contrattuale) anche per il periodo di assegnazione a mansioni di guardiania diurna, poiché venute meno le particolari modalità attraverso le quali interviene la prestazione lavorativa.

Cass. civ. Sez. lavoro, 29/9/2015, n. 19304

Lavoro (Rapporto di)  – Lavoro subordinato – Caratteri del rapporto individuale – Rapporto di parentela – Lavoro svolto in favore del convivente “more uxorio” – Ricorrenza della “causa affectionis vel benevolentiae” – Condizioni

La prestazione di una attività lavorativa, per oltre sei anni, tra due parti legate da una relazione sentimentale, che sia oggettivamente configurabile come di lavoro subordinato, si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta ad un diverso rapporto, istituito “affectionis vel benevolentiae causa”, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa, per una comunanza di vita e di interessi tra i conviventi tale da realizzare una partecipazione, effettiva ed equa, del convivente alla vita e alle risorse della famiglia di fatto. (Cassa con rinvio, App. Genova, 31/7/2008)

Cass. civile, sez. lavoro, 26.5.2005, n. 11092

Impiego privato – Sospensione del rapporto – Malattia – Periodo di comporto – Superamento del periodo – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Assimilazione

Sospensione  del rapporto – Malattia – Mezzi di tutela della salute del lavoratore e sorveglianza sulla loro applicazione – Applicazione del principio di correttezza e buona fede

Sospensione  del rapporto – Malattia – Periodo di comporto – Superamento del periodo – Indicazione a carico del datore di tutti i periodi di malattia posti a base del recesso

Il licenziamento individuale per superamento del periodo di comporto è assimilabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo e non al licenziamento disciplinare.

Il datore di lavoro,  ex art. 2087 cod. civ.,  con comportamento improntato a diligenza, correttezza e buona fede, deve predisporre mezzi adeguati per la tutela della salute del lavoratore

Il datore di lavoro deve consentire al lavoratore di rendersi conto in modo esauriente, specifico  e in tempo utile, delle assenze per malattia poste a base del recesso

( Cass. civile, sez. lavoro, 26.5.2005, n. 11092)

Cass. civile, SS.UU., 20.4.2005, n. 8202

Procedimento – Giudizio di appello – Prove – Documenti non prodotti in primo grado – Divieto di produzione in appello di “nuovi mezzi di prova” – Inderogabilità delle regole processuali – Sussiste

Procedimento – Giudizio di appello – Prove – Produzione di documenti nuovi – Mancata produzione nel giudizio di primo grado – Fattispecie – Non imputabilità alla parte che intende avvalersene – Ammissibilità – Indispensabilità della produzione secondo il giudizio del giudice – Ammissibilità

Risolvendo il contrasto formatosi all’interno della sezione lavoro e delle altre sezioni della Corte di Cassazione, i documenti, e non solo le prove costituende, sottostanno al divieto di produzione in appello  di “nuovi mezzi di prova”.

La produzione di documenti nuovi in appello è ammissibile solo se la mancata produzione in primo grado non sia imputabile alla parte che intenda avvalersene, ovvero se il giudice ritiene di dover superare l’intervenuta preclusione perché la produzione di alcuni documenti gli appare “indispensabile” ai fini della decisione (su istanza di parte., nel processo ordinario; anche d’ufficio, nel processo del lavoro).

Cass, civile, III, 18.6.2004, n. 11415 – Inoltre, ex multis, Cass. Civ., sez. 2a , 17.9.2004, n. 18787;  id., sez. 2a, 29.11.2002, n. 16957;   id., sez. 3a, 20.11.2002, n. 16331 ; id., sez. 1a, 10.8.2001 n. 11053 ; id., sez. 3a, 25.3.1999, n. 2820, e conformi

Procedimento – Opposizione – Instaurazione del giudizio di cognizione – Proposizione di domande riconvenzionali – Opponente quale convenuto sostanziale – Ammissibilità – Opposto quale attore sostanziale – Esclusione – Deroghe – Posizione dell’opposto che viene a trovarsi in posizione di convenuto – Ammissibilità

Nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, in via generale solo l’opponente, nella sua sostanziale posizione di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, ma non anche l’opposto, che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio logicamente derogarsi  quando, per effetto di una riconvenzionale proposta dall’opponente, la parte opposta venga a trovarsi a sua volta in una posizione processuale di convenuto, al quale, rispetto alla nuova o più ampia  pretesa della controparte, non può essere negato il diritto di difesa mediante reconventio reconventionis;  l’inosservanza del divieto di introdurre una nuova domanda nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, correlata all’obbligo del giudice di non esaminare nel merito tale domanda, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, poiché costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel giudizio di cassazione, ove sulla questione non si sia formato, pur implicitamente, il giudicato interno”.

Cass. civile, III, 30.5.2003, n. 8785

Procedimento – Esecuzione – Pignoramento presso terzi – Dichiarazione negativa del terzo – Inammissibilità dell’esecuzione – Non sussiste

In caso di pignoramento presso terzi e di opposizione all’esecuzione il giudice non può dichiarare l’inammissibilità  della proposta opposizione solo perché il terzo ha reso dichiarazione negativa del credito pignorato, ma deve verificare la persistenza del processo esecutivo mediante la procedura di accertamento del credito del proprio debitore da parte del creditore procedente, sia stata questa attivata o sia ancora possibile.

Cass. civile, III, 29.5.2003, n. 8632

Procedimento – Esecuzione – Opposizione – Agli atti esecutivi – All’esecuzione – Differenza

Esecuzione – Opposizione all’esecuzione – Titolo non spedito in forma esecutiva –Configurabilità come opposizione agli atti esecutivi – E’ tale

Per distinguere l’opposizione all’”esecuzione” da quella “agli atti esecutivi” si deve considerare che la prima investe l’an dell’esecuzione, cioè il diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni. L’opposizione agli atti esecutivi consiste, invece, nella contestazione della legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva.  Con questa opposizione la parte fa valere  vizi formali degli atti e dei provvedimenti svolti o adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva, tra i quali il titolo esecutivo e il precetto, nonché la notificazione di questi.

L’opposizione con la quale è dedotto che l’esecuzione può essere iniziata solo sulla base di un titolo spedito in forma esecutiva si configura come opposizione agli atti esecutivi, perché contiene la critica che gli atti dell’esecuzione successiva alla notifica del precetto non possono essere compiuti in modo legittimo, ovvero che il processo esecutivo non può utilmente procedere verso il suo risultato finale, costituito dalla realizzazione coattiva del credito.

Cass.  civile.,  III,  26.5.2003, n. 8333

Procedimento – Esecuzione – Opposizione – All’esecuzione – Agli atti esecutivi – Differenza – Fattispecie – Contestazione dell’attualità della pretesa – Opposizione all’esecuzione – E’ tale

Per distinguere l’opposizione all’esecuzione da quella agli atti esecutivi si deve considerare che con la prima è contestato il diritto della parte istante a procedere, in via assoluta e anche attualmente, a esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni.   L’opposizione agli atti esecutivi consiste, invece, nella contestazione della legittimità  dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo.  In questa la parte fa valere vizi formali degli atti e dei procedimenti svolti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva, fra i quali il titolo esecutivo e il precetto, nonché  della notificazione di questi, oppure l’opportunità dello svolgimento dell’azione esecutiva.   Deriva pertanto, che deve qualificarsi opposizione all’esecuzione l’opposizione con la quale si contesti l’attualità della pretesa esecutiva svolta dalla controparte attraverso la espropriazione forzata (Nella specie, sotto il profilo che l’esecuzione era inammissibile o improponibile, stante la dichiarazione di dissesto finanziario deliberato dall’ente debitore, provincia)