Cass. civ. Sez. lavoro, 22/1/2016, n. 1186

Consulenza tecnica – Limite intrinseco – Risoluzione di questioni di fatto – Incarico per accertamenti e valutazioni della qualificazione giuridica dei fatti – Incapacità del CTU – Inammissibilità se effettuati – Eccezioni

La consulenza tecnica d’ufficio ha un limite intrinseco consistente nella sua funzionalità alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico. Ne deriva che come i consulenti tecnici non possono essere incaricati di accertamenti e valutazioni circa la qualificazione giuridica dei fatti e la conformità al diritto di comportamenti, analogamente se, per ipotesi, il consulente effettua simili inammissibili valutazioni, quale quella relativa alla qualificazione della “attività confacente alle attitudini dell’assicurato” (cui si riferisce l’art. 1 della legge n. 222 del 1984) come attività usurante o stressante, o meno, non se ne deve tenere conto, salvo che vengano vagliate criticamente e sottoposte al dibattito processuale delle parti.

Cass. civ. Sez. II, 14/12/2015, n. 25135

Intervento in causa  –  Adesivo dipendente – Nozione – Interlocuzione verso tutte le parti di un processo – Fattispecie – Intervento adesivo indipendente – Differenza

In materia processuale civile l’intervento principale si configura quando l’interveniente faccia valere nel giudizio pendente un diritto proprio, relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo, nei confronti di tutte le parti, mentre l’intervento adesivo autonomo ricorre quando si faccia valere un diritto proprio, anch’esso relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto in giudizio, solo nei confronti di alcune delle parti. Con l’intervento adesivo dipendente l’interventore non introduce nel processo una domanda propria destinata ad ampliare il thema decidendum tra le parti originarie ma si limita ad interloquire nella lite tra altri pendente, che è e rimane l’unica dibattuta nel processo. In tale ipotesi dunque, l’interveniente si limita a sostenere la posizione di una delle parti già in giudizio, per la tutela di un proprio interesse tendendo a provocare un giudicato destinato a produrre benefici anche nei suoi riguardi.

Cass. civ. Sez. Unite, 9/12/2015, n. 24822

Prescrizione – Dell’azione revocatoria – Decorrenza – Momento di consegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario – Interruzione

In materia di azione revocatoria, atteso che il diritto ad essa correlato può farsi valere solo con un atto processuale, la prescrizione di cui all’art. 2943, comma 1, c.c. si considera interrotta nel momento in cui l’atto di citazione è affidato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica e non quando l’atto con il quale si inizia il giudizio viene consegnato al destinatario.

Cons. Stato Sez. VI, 17/11/2015, n. 5252

Responsabilità civile – Responsabilità precontrattuale – Autonomia dei due istituti giuridici – Effetti solo processuali – Effetti sostanziali – Esclusione

La disposizione normativa dell’art. 2697 c.c. introduce un principio informatore del sistema delle garanzie giurisdizionali destinato ad operare sul piano processuale e non sostanziale, di tal che tale principio non può essere sic et simpliciter invocato per dar contenuto o fornire utile interpretazione circa il corretto comportamento delle parti nella fase precontrattuale.

Cass. civ. Sez. V, 11/11/2015, n. 23070

Processo civile – Interruzione  per morte o perdita della capacità della parte  – Procura alle liti  – Poteri del difensore – Ultrattività del mandato alle liti – Stabilizzazione della posizione processuale delle parti – Sussiste

In materia processuale in caso di morte o perdita della capacità della parte, costituita a mezzo procuratore munito di procura, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, in applicazione della regola dell’ultrattività del mandato alle liti, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse mai verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione.

Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 4/11/2015, n. 22461

Processo civile – Fase dell’appello – Thema decidendum e thema probandum – Eccezione nuova – Inammissibilità – Irrilevanza

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, comma 1, e 115, comma 1, c.p.c., l’onere di contestazione specifica dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, si pone unicamente per il convenuto costituito e nell’ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definisce – irretrattabilmente – il thema decidendum ed il thema probandum. Pertanto, il giudice d’appello nel decidere la causa deve aver riguardo ai suddetti temi così come si sono formati nel giudizio di primo grado, non rilevando a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti nel giudizio svoltosi innanzi a lui.

Cass. civ. Sez. I, 13/10/2015, n. 20560

Impugnazione   – Impugnazione principale – Impugnazioni successive incidentali – Sono tali anche se proposte nelle forme del ricorso principale piuttosto che incidentale – Irritualità – Ammissibilità – Sussiste

Nel vigente sistema processuale l’impugnazione proposta per prima assume carattere ed effetti di impugnazione principale e determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire, per essere decise simultaneamente, tutte le successive impugnazioni eventualmente proposte da altri soccombenti contro la stessa sentenza, le quali pertanto, hanno sempre carattere incidentale. Dette impugnazioni, quindi, sebbene proposte nelle forme del ricorso principale, piuttosto che in quelle del ricorso incidentale, benché irrituali, sono considerate ugualmente ammissibili a condizione che siano notificate nel termine prescritto per quest’ultimo ricorso dall’art. 370 c.p.c. e siano state riunite al gravame preventivamente proposto.

Cass. civ. Sez. V, 30/9/2015, n. 19410

Impugnazioni – Ricorso per Cassazione – Motivi del ricorso  – Deduzione di un “error in procedendo” – Esame diretto degli atti del giudizio di merito – Presupposti e requisiti per il controllo dell’iter processuale

L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 18/2/2008)

Cass. civ. Sez. VI – Ordinanza, 29/9/2015, n. 19372

Procedimento civile – Giudice Istruttore – Poteri e obblighi – In genere – Questioni rilevabili di ufficio – Dovere di sottoporle alle parti – Ambito applicativo dell’art. 101, comma 2, c.p.c. – Questioni di esclusiva rilevanza processuale – Esclusione – Fondamento

In tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 45, comma 13, della l. n. 69 del 2009), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali. (Rig. Comm. Trib. Reg. Campania – sez. distacc. Salerno, 11/10/2012)

Cass. civ. Sez. VI – Ordinanza, 24/9/2015, n. 18976

Procedimento civile – Giudice – Ricusazione – Inimicizia ex art. 51, n. 3, c.p.c. – Portata – Incidenza dei provvedimenti pregressi del giudice ricusato relativi alla parte ricusante – Condizioni e limiti

In tema di ricusazione del giudice, la “inimicizia” del ricusato, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 3, c.p.c., non può essere desunta dal contenuto di provvedimenti da lui emessi in altri processi concernenti il ricusante, tranne che le “anomalie” denunciate siano tali da non consentire neppure di identificare l’atto come provvedimento giurisdizionale; tuttavia, qualora ricorra tale ipotesi, il giudice della ricusazione deve anche accertare se quelle anomalie, in ipotesi ascrivibili ad altre cause, siano state determinate proprio da grave inimicizia nei confronti del ricusante, su cui incombe il correlato onere di allegare fatti e circostanze rivelatrici dell’esistenza di ragioni di avversione o di rancore estranei alla realtà processuale.

Corte cost., 24/9/2015, n. 194

Corte Costituzionale – Procedimento civile – Controversie concernenti il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni – Attribuzione alla competenza del tribunale per i minorenni anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario – Asserito contrasto con la delega legislativa ritenuta implicitamente istitutiva della competenza del tribunale ordinario, per la mancanza di direttive al riguardo – Asserita irragionevole frattura nell’unità dei procedimenti di cui all’art. 333 cod. civ., con correlativa compromissione del principio di concentrazione processuale – Insussistenza – Non fondatezza della questione

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, primo comma, disp. att. cod. civ., come modificato dall’art. 96, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 154 del 2013, impugnato, in riferimento agli artt. 3, 76, 77 e 111 Cost., nella parte in cui attribuisce alla competenza del tribunale per i minorenni le controversie di cui all’art. 317-bis cod. civ. concernenti il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario. La mancata previsione, nella legge di delega, di una specifica direttiva a proposito del giudice competente per il contenzioso in esame non può interpretarsi come una sorta di implicito e necessario vincolo alla sua devoluzione al giudice non specializzato. E’ ragionevole che il legislatore delegato, avendo introdotto, conformemente alla delega, una previsione del tutto innovativa, quale quella di cui all’art. 317-bis cod. civ., ne abbia definito, con la disposizione impugnata, anche i contorni processuali, adeguatamente individuando il giudice competente in quello specializzato. Inoltre, il cumulo processuale previsto dal secondo periodo del comma in esame – in base al quale i procedimenti di cui all’art. 333 cod. civ. relativi alla condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori nei confronti del figlio, di regola attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni, sono affidati al tribunale ordinario quando tra i coniugi penda un giudizio di separazione o di divorzio – presenta una ratio non irragionevole (legata all’identità soggettiva delle parti in causa e alla possibilità di adottare in un unico contesto i provvedimenti più opportuni per la tutela dei minori), insuscettibile, tuttavia, di essere estesa all’ipotesi, del tutto differente, dei procedimenti di cui all’art. 317-bis cod. civ. L’auspicato cumulo processuale di tale contenzioso con quello della separazione o del divorzio, infatti, avverrebbe nonostante la diversità delle parti in giudizio e degli interessi in contesa, atteso che occorrerebbe assicurare tutela ad una sfera di affettività (quella degli ascendenti) suscettibile di essere compromessa indipendentemente da vicende di crisi coniugale e si finirebbe inevitabilmente per introdurre, tra gli stessi coniugi, un ulteriore elemento di conflittualità, potenzialmente eccentrico rispetto a quelli già presenti. La stessa audizione dei minori (nel cui esclusivo interesse vanno adottati i provvedimenti di cui all’art. 317-bis cod. civ.) diventerebbe, per così dire, “strabica”, siccome volta, da un lato, a valutare a quale dei genitori affidare i minori e, dall’altro lato, a valutare come l’interesse di questi ultimi possa essere contemperato con l’autonomo diritto degli ascendenti.

Cass. civ. Sez. III, 21/9/2015, n. 18467

Procedimento civile – Legittimazione ad causam – Ricorso notificato al Comune di Roma – Costituzione, con controricorso, di Roma Capitale – Legittimazione processuale e sostanziale di quest’ultima – Ragioni

In caso ricorso per cassazione notificato al Comune di Roma, la costituzione in giudizio di Roma Capitale non è operata nella qualità di interventore volontario, ma quale ente territoriale, legittimato sostanzialmente e processualmente perché subentrato dal 2010 al Comune di Roma a seguito della riforma del titolo V, parte II della Costituzione, operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, e in virtù dell’emanazione della legge delega n. 42 del 2009 e dei successivi decreti attuativi. (Inammiss. App. Roma, 10/10/2011)

Cass. civ. Sez. VI – Ordinanza, 17/9/2015, n. 18252

Competenza civile – Litispendenza – Decisione sulla questione di litispendenza – Riferimento alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia – Sopravvenuta definizione di una delle due cause – Esclusione della litispendenza

Le questioni in tema di litispendenza vanno decise con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, dovendosi tenere conto anche delle vicende processuali sopravvenute, sicché, in caso di intervenuta definizione di uno dei due giudizi pendenti, cessano le condizioni per l’applicabilità dell’art. 39 c.p.c. 

Cass. civ. Sez. I, 11/9/2015, n. 17974

Impugnazioni civili – Impugnazioni in generale – Legittimazione all’impugnazione – Attiva – Soggetto estraneo al pregresso grado di giudizio – Legittimazione all’impugnazione – Esclusione – Deduzione dell’effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto giuridico sostanziale – Irrilevanza – Ragioni – Fattispecie

La legittimazione al ricorso per cassazione, o all’impugnazione in genere, spetta, fatta eccezione per l’opposizione di terzo, solo a chi abbia formalmente assunto la qualità di parte (non rileva se presente o contumace, originaria o intervenuta) nel precedente grado di giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, indipendentemente dall’effettiva titolarità del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, poiché con l’impugnazione non si esercita un’azione ma un potere processuale che può essere riconosciuto solo a chi abbia partecipato al precedente grado di giudizio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che il tutore della minore che non ha assunto la qualità di parte nel giudizio di appello non era legittimato a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di revoca della dichiarazione di adottabilità). (Inammiss. App. Firenze, 4/7/2014)

Cass. civ. Sez. VI – Ordinanza, 2/9/2015, n. 17473

Procedimento civile  – Difensori – Mandato alle liti – Autenticazione della sottoscrizione – Funzione svolta dal difensore – Natura pubblicistica – Configurabilità – Conseguenze – Disconoscimento dell’autenticazione – Querela di falso – Necessità

La funzione del difensore di certificare l’autografia della sottoscrizione della parte, ai sensi degli artt. 83 e 125 c.p.c., pur trovando la sua base in un negozio giuridico di diritto privato (mandato), ha natura essenzialmente pubblicistica, atteso che la dichiarazione della parte, con la quale questa assume su di sé gli effetti degli atti processuali che il difensore è legittimato a compiere, è destinata a dispiegare i suoi effetti nell’ambito del processo. Ne consegue che il difensore, con la sottoscrizione dell’atto processuale e con l’autentica della procura riferita allo stesso, compie un negozio di diritto pubblico e riveste la qualità di pubblico ufficiale, la cui certificazione può essere contestata soltanto con la querela di falso.

Cass. civ. Sez. VI – 2/9/2015, n. 17497

Procedimento civile  – Intervento di terzi e litisconsorzio  – Pericolo di giudicati contrastanti – Fattispecie

La nozione di “causa inscindibile” di cui all’art. 131 c.p.c. comprende non solo le ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche le ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, le quali si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede ii impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio di primo grado.

Cass. civ. Sez. I, 1/9/2015, n. 17392

Prova civile – Poteri (o obblighi) del giudice – Valutazione delle prove – In genere – Dichiarazioni scritte provenienti da terzi – Libero apprezzamento da parte del giudice – Possibilità – Limiti – Violazione del principio del contraddittorio – Esclusione – Fondamento

Nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, sicché il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche, quali le dichiarazioni scritte provenienti da terzi, della cui utilizzazione fornisca adeguata motivazione e che siano idonee ad offrire elementi di giudizio sufficienti, non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie, senza che ne derivi la violazione del principio di cui all’art. 101 c.p.c., atteso che, sebbene raccolte al di fuori del processo, il contraddittorio si instaura con la produzione in giudizio. (Rig. App. Venezia, 25/11/2010)

Cass. civ. Sez. I, 31/8/2015, n. 17346

Procedimento civile – Giudizio ordinario e giudizio del lavoro – Questione di competenza – Esclusione – Questione attinente la diversità del rito – Ammissibilità – Eventuale eccezione in sede di giudizio di primo grado – Necessità

La distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro nell’ambito del medesimo ufficio giudiziario non involge una questione di competenza, ma di semplice diversità del rito, risolvibile ex artt. 426 e 427 c.p.c.. L’omesso mutamento del rito, in ogni caso, non determina ipso iure la inesistenza o la nullità della sentenza, ma assume rilevanza invalidante solo se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione, indichi lo specifico pregiudizio processuale ad essa concretamente derivato dalla mancata adozione del rito diverso (Conf. Cass., sez. III, n. 1448/2015). Di talché, qualora nel giudizio di impugnazione la parte non prospetti alcuna questione di validità della pronuncia di primo grado con riferimento alla mancata applicazione del rito diverso, il Giudice dell’impugnazione è tenuto a pronunciare nel merito della domanda (nella fattispecie, non avendo la Corte di Appello fatto corretta applicazione dei principi innanzi esposti, la sentenza gravata va sul punto cassata con rinvio).

Cass. civ. Sez. III, 31/7/2015, n. 16274

Procedimento civile – Capacità processuale – In genere – Legittimazione processuale – Presupposti – Rappresentanza sostanziale – Necessità – Difetto – Conseguenze – Esclusione della “legittimatio ad processum” – Rilevabilità d’ufficio anche in sede di legittimità – Sussistenza – Condizioni – Fattispecie

In tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicché, in difetto, è esclusa la “legittimatio ad processum” del rappresentante e il relativo accertamento – attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale – può essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il giudice di appello – nel pronunciarsi sul gravame proposto dall’assicuratore della responsabilità civile, terzo chiamato in garanzia nell’ambito di un giudizio risarcitorio, diretto a far valere l’inoperatività della polizza – aveva respinto l’eccezione con cui l’attrice-danneggiata, già vittoriosa in primo grado, aveva inteso far valere il difetto di legittimazione del procuratore del chiamato in garanzia per l’omessa dimostrazione del conferimento dei poteri inerenti la qualità di procuratore speciale, erroneamente motivato sul presupposto dell’estraneità dell’appellata al rapporto tra assicurato ed assicuratore). (Cassa con rinvio, App. L’Aquila, 13/6/2011)

Cass. civ. Sez. I, 28/7/2015, n. 15843

Procedimento civile  – Sentenza – Omessa pronuncia – Inammissibilità – Nozione – Vizio di omessa pronuncia o carenza di motivazione – Esclusione – Obbligo del giudice di merito di verificare unicamente l’effettiva esistenza dell’invalidità denunciata – Sussistenza

L’inammissibilità è una invalidità specifica delle domande e delle eccezioni delle parti ed è pronunciata nel caso in cui manchino dei requisiti necessari a renderle ritualmente acquisite al tema del dibattito processuale. Pertanto, se il giudice di merito omette di pronunciarsi su un’eccezione di inammissibilità, la sentenza di merito non è impugnabile per l’omessa pronuncia o per la carenza di motivazione, ma unicamente per l’invalidità già vanamente eccepita, in quanto ciò che rileva non è il tenore della pronuncia impugnata, bensì l’eventuale esistenza appunto di tale invalidità. (Rig. App. Catanzaro, 9/6/2011)

Cass. civ. Sez. lavoro, 17/7/2015, n. 15043

Procedimento civile – Controversie di lavoro – Onere della prova – Irritualità del deposito di documenti – Irritualità dell’utilizzo dei documenti – Censurabilità dell’operato della parte

Nel processo del lavoro, il rigoroso sistema delle preclusioni che regola sia l’ammissione delle prove costituite che di quelle costituende, è contemperato dall’esigenza della ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento, nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri da esercitare con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. Quindi, ove il giudice abbia tenuto conto di documenti irritualmente prodotti da una parte, ma idonei a provare fatti dalla stessa ritualmente dedotti e sottoposti al contraddittorio delle parti, la parte che voglia censurare tale operato deve dedurre non solo l’irritualità dell’utilizzazione del materiale probatorio ma anche l’inutilità dei documenti ai fini della verità materiale, restando altrimenti priva di decisività la questione processuale sollevata.

Cass. civile, SS.UU., 20.4.2005, n. 8202

Procedimento – Giudizio di appello – Prove – Documenti non prodotti in primo grado – Divieto di produzione in appello di “nuovi mezzi di prova” – Inderogabilità delle regole processuali – Sussiste

Procedimento – Giudizio di appello – Prove – Produzione di documenti nuovi – Mancata produzione nel giudizio di primo grado – Fattispecie – Non imputabilità alla parte che intende avvalersene – Ammissibilità – Indispensabilità della produzione secondo il giudizio del giudice – Ammissibilità

Risolvendo il contrasto formatosi all’interno della sezione lavoro e delle altre sezioni della Corte di Cassazione, i documenti, e non solo le prove costituende, sottostanno al divieto di produzione in appello  di “nuovi mezzi di prova”.

La produzione di documenti nuovi in appello è ammissibile solo se la mancata produzione in primo grado non sia imputabile alla parte che intenda avvalersene, ovvero se il giudice ritiene di dover superare l’intervenuta preclusione perché la produzione di alcuni documenti gli appare “indispensabile” ai fini della decisione (su istanza di parte., nel processo ordinario; anche d’ufficio, nel processo del lavoro).

(Cass. civile, SS.UU., 20.4.2005, n. 8202)

Cass, civile, III, 18.6.2004, n. 11415

Procedimento – Opposizione – Instaurazione del giudizio di cognizione – Proposizione di domande riconvenzionali – Opponente quale convenuto sostanziale – Ammissibilità – Opposto quale attore sostanziale – Esclusione – Deroghe – Posizione dell’opposto che viene a trovarsi in posizione di convenuto – Ammissibilità

Nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, in via generale solo l’opponente, nella sua sostanziale posizione di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, ma non anche l’opposto, che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, potendo a tale principio logicamente derogarsi  quando, per effetto di una riconvenzionale proposta dall’opponente, la parte opposta venga a trovarsi a sua volta in una posizione processuale di convenuto, al quale, rispetto alla nuova o più ampia  pretesa della controparte, non può essere negato il diritto di difesa mediante reconventio reconventionis;  l’inosservanza del divieto di introdurre una nuova domanda nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, correlata all’obbligo del giudice di non esaminare nel merito tale domanda, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità, poiché costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel giudizio di cassazione, ove sulla questione non si sia formato, pur implicitamente, il giudicato interno”.

(Cass, civile, III, 18.6.2004, n. 11415 – Inoltre, ex multis, Cass. Civ., sez. 2a , 17.9.2004, n. 18787;  id., sez. 2a, 29.11.2002, n. 16957;   id., sez. 3a, 20.11.2002, n. 16331 ; id., sez. 1a, 10.8.2001 n. 11053 ; id., sez. 3a, 25.3.1999, n. 2820, e conformi).

 

Cass. civile, III, 30.5.2003, n. 8785

Procedimento – Esecuzione – Pignoramento presso terzi – Dichiarazione negativa del terzo – Inammissibilità dell’esecuzione – Non sussiste

In caso di pignoramento presso terzi e di opposizione all’esecuzione il giudice non può dichiarare l’inammissibilità  della proposta opposizione solo perché il terzo ha reso dichiarazione negativa del credito pignorato, ma deve verificare la persistenza del processo esecutivo mediante la procedura di accertamento del credito del proprio debitore da parte del creditore procedente, sia stata questa attivata o sia ancora possibile.

(Cass. civile, III, 30.5.2003, n. 8785)

Cass. civile, III, 29.5.2003, n. 8632

Procedimento – Esecuzione – Opposizione – Agli atti esecutivi – All’esecuzione – Differenza

Esecuzione – Opposizione all’esecuzione – Titolo non spedito in forma esecutiva –  Configurabilità come opposizione agli atti esecutivi – E’ tale

Per distinguere l’opposizione all’”esecuzione” da quella “agli atti esecutivi” si deve considerare che la prima investe l’an dell’esecuzione, cioè il diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni. L’opposizione agli atti esecutivi consiste, invece, nella contestazione della legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva.  Con questa opposizione la parte fa valere  vizi formali degli atti e dei provvedimenti svolti o adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva, tra i quali il titolo esecutivo e il precetto, nonchè la notificazione di questi.

L’opposizione con la quale è dedotto che l’esecuzione può essere iniziata solo sulla base di un titolo spedito in forma esecutiva si configura come opposizione agli atti esecutivi, perché contiene la critica che gli atti dell’esecuzione successiva alla notifica del precetto non possono essere compiuti in modo legittimo, ovvero che il processo esecutivo non può utilmente procedere verso il suo risultato finale, costituito dalla realizzazione coattiva del credito.

(Cass. civile, III, 29.5.2003, n. 8632)

Cass. civile., III, 26.5.2003, n. 8333

Procedimento – Esecuzione – Opposizione – All’esecuzione – Agli atti esecutivi – Differenza – Fattispecie – Contestazione dell’attualità della pretesa – Opposizione all’esecuzione – E’ tale

Per distinguere l’opposizione all’esecuzione da quella agli atti esecutivi si deve considerare che con la prima è contestato il diritto della parte istante a procedere, in via assoluta e anche attualmente, a esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni.   L’opposizione agli atti esecutivi consiste, invece, nella contestazione della legittimità  dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo.  In questa la parte fa valere vizi formali degli atti e dei procedimenti svolti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva, fra i quali il titolo esecutivo e il precetto, nonchè  della notificazione di questi, oppure l’opportunità dello svolgimento dell’azione esecutiva.   Deriva pertanto, che deve qualificarsi opposizione all’esecuzione l’opposizione con la quale si contesti l’attualità della pretesa esecutiva svolta dalla controparte attraverso la espropriazione forzata (Nella specie, sotto il profilo che l’esecuzione era inammissibile o improponibile, stante la dichiarazione di dissesto finanziario deliberato dall’ente debitore, provincia)

(Cass.  civile.,  III,  26.5.2003, n. 8333)