Cass. civile, sez. lavoro, 26.5.2005, n. 11092

Impiego privato – Sospensione del rapporto – Malattia – Periodo di comporto – Superamento del periodo – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Assimilazione

Sospensione  del rapporto – Malattia – Mezzi di tutela della salute del lavoratore e sorveglianza sulla loro applicazione – Applicazione del principio di correttezza e buona fede

Sospensione  del rapporto – Malattia – Periodo di comporto – Superamento del periodo – Indicazione a carico del datore di tutti i periodi di malattia posti a base del recesso

Il licenziamento individuale per superamento del periodo di comporto è assimilabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo e non al licenziamento disciplinare.

Il datore di lavoro,  ex art. 2087 cod. civ.,  con comportamento improntato a diligenza, correttezza e buona fede, deve predisporre mezzi adeguati per la tutela della salute del lavoratore

Il datore di lavoro deve consentire al lavoratore di rendersi conto in modo esauriente, specifico  e in tempo utile, delle assenze per malattia poste a base del recesso

( Cass. civile, sez. lavoro, 26.5.2005, n. 11092)

TAR Lazio, Ia ter, 19.5.2005, A.M. c° Min. Interno

Pubblico impiego – Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Valutazione di fatti rilevanti ai fini penali – Sussiste – Sentenza di condanna – Sentenza di assoluzione – Effetti conseguenti nelle due fattispecie.

Personale della polizia di Stato – Procedimento penale per truffa semplice – Sentenza di non luogo a procedere – Procedimento disciplinare successivo conclusosi con la destituzione dal servizio – Accertamento puntuale dei fatti – Necessità – Revoca del provvedimento di destituzione – Sussiste

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Attività istruttoria – Condotta disciplinarmente rilevante –  Particolare e maggiore diligenza in assenza di accertamento del fatto in sede penale –  Sussistono

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Contestazione di fatti diversi da quelli per i quali vi è stato rinvio a giudizio –   Violazione di legge –  Sussiste

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Termine di 90 giorni di inerzia procedurale – Estinzione del procedimento

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare quanto all’accertamento che il fatto non sussiste, o non costituisce illecito penale, ovvero l’imputato non lo ha commesso.  Quella irrevocabile di condanna ha efficacia opposta quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

L’accertamento del fatto penalmente rilevante deve avvenire con maggiore attenzione in sede disciplinare allorquando vi sia stata sentenza di non luogo a procedere nella fattispecie penalmente rilevante della truffa semplice e il dipendente sia stato per ciò  ingiustamente destituito.

L’amministrazione ha l’obbligo di svolgere una particolare attività istruttoria al fine di  acquisire i mezzi di prova idonei a dimostrare la sussistenza o meno della condotta disciplinarmente rilevante, tanto più in assenza dell’accertamento del fatto in sede pemale

L’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare fino alla definizione del procedimento penale sussiste solo nell’ipotesi in cui a base dei due provvedimenti vengono dedotti gli stessi fatti.

Premesso il principio generale di estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi 90 giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto ex art. 120, T.U. n. 3/ 1957, tale termine di interrompe tutte le volte in cui, prima della sua scadenza, sia adottato un atto, anche interno, proprio del procedimento disciplinare. (cfr., in senso conf., Cons. Stato, IVa, 22.6.2004, n. 4464)

(TAR Lazio, Ia ter, 19.5.2005, A.M. c° Min. Interno)

TAR Lazio, Ia ter, 19/5/2005, A.M. c° Min. Interno

Pubblico impiego – Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Valutazione di fatti rilevanti ai fini penali – Sussiste – Sentenza di condanna – Sentenza di assoluzione – Effetti conseguenti nelle due fattispecie.

Personale della polizia di Stato – Procedimento penale per truffa semplice – Sentenza di non luogo a procedere – Procedimento disciplinare successivo conclusosi con la destituzione dal servizio – Accertamento puntuale dei fatti – Necessità – Revoca del provvedimento di destituzione – Sussiste

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Attività istruttoria – Condotta disciplinarmente rilevante –  Particolare e maggiore diligenza in assenza di accertamento del fatto in sede penale –  Sussistono

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Contestazione di fatti diversi da quelli per i quali vi è stato rinvio a giudizio –   Violazione di legge –  Sussiste

Personale della polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Termine di 90 giorni di inerzia procedurale – Estinzione del procedimento

La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare quanto all’accertamento che il fatto non sussiste, o non costituisce illecito penale, ovvero l’imputato non lo ha commesso.  Quella irrevocabile di condanna ha efficacia opposta quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

L’accertamento del fatto penalmente rilevante deve avvenire con maggiore attenzione in sede disciplinare allorquando vi sia stata sentenza di non luogo a procedere nella fattispecie penalmente rilevante della truffa semplice e il dipendente sia stato per ciò  ingiustamente destituito.

L’amministrazione ha l’obbligo di svolgere una particolare attività istruttoria al fine di  acquisire i mezzi di prova idonei a dimostrare la sussistenza o meno della condotta disciplinarmente rilevante, tanto più in assenza dell’accertamento del fatto in sede penale

L’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare fino alla definizione del procedimento penale sussiste solo nell’ipotesi in cui a base dei due provvedimenti vengono dedotti gli stessi fatti.

Premesso il principio generale di estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi 90 giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto ex art. 120, T.U. n. 3/ 1957, tale termine di interrompe tutte le volte in cui, prima della sua scadenza, sia adottato un atto, anche interno, proprio del procedimento disciplinare. (cfr., in senso conf., Cons. Stato, IVa, 22.6.2004, n. 4464)

Cass. civile, sez. lavoro, 9.5.2005, n. 9567

Pubblico impiego – Libertà e attività sindacale dei dipendenti pubblici – Applicabilità ai rappresentanti sindacali, appartenenti a sindacati non rappresentativi, della norma dello Statuto dei lavoratori che prevede il diritto di essere collocati in aspettativa – Ammissibilità

I rappresentanti sindacali appartenenti ai sindacati di dipendenti degli enti pubblici non economici sprovvisti della rappresentatività necessaria per partecipare alla contrattazione nazionale godono anche essi dei benefici di cui all’art. 31 della legge n. 300/ 1970, secondo cui i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali nazionali e nazionali possono essere collocati in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato, in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori, non escluse quelle sulle garanzie e prerogative sindacali, sono di generale applicazione anche nel rapporto di pubblico impiego.

( Cass. civile, sez. lavoro, 9.5.2005, n. 9567)

T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. IIIa, 5.5.2005

Assicurazioni sociali – Tutela del lavoratore in genere – Malattie professionali – Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro (c.d. mobbing) – Risarcibilità – Condizione – Accertamento rigoroso della causa di lavoro – Sussiste

Assicurazioni sociali – Malattia professionale – Mobbing – Malattia non tabellata – Rischio e diagnosi come malattia tutelata – Onere della prova della patologia a carico del solo lavoratore – Esclusione

Assicurazioni sociali – Malattia professionale – Mobbing – Malattia non tabellata – Caratteri e condizioni generali perché sia considerata malattia tabellata – Analisi approfondita delle patologie specifiche ad opera di organismi a ciò destinati – Sussiste – Integrazione non prevista della disciplina generale disposta con circolari interne dell’ente assicuratore – Esclusione

Oltre alle malattie c.d. “tabellate”  ai sensi degli articoli 3 e 211 del DPR n. 1124/ 1965 – per le quali vige la presunzione relativa di derivazione eziologia della patologia dall’attività lavorativa – sono indennizzabili pure le malattie professionali diverse da queste, ove sia accertata con rigore la provenienza dalla prestazione di lavoro 

L’accertamento delle condizioni di sussistenza del “mobbing” non può seguire la struttura logica dell’accertamento delle malattie c.d. “tabellate” . Sotto questo profilo deve essere annullata la circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003 secondo cui l’accertamento della sussistenza dei fattori di nocività e la diagnostica delle patologie che ne derivano è posto a carico del solo lavoratore.

La circolare n. 71 del 17.12.2003 mira ad integrare surrettiziamente il complesso delle malattie “tabellate” con violazione dell’art. 10, co. 1, del D. Lgs. n. 38/ 2000 giacché tale integrazione – disposta con norma interna:  A)=  non deriva dal rigoroso accertamento condotto dalla apposita “Commissione scientifica per l’elaborazione e la revisione periodica delle tabelle”; B)=  non deriva da espressa volizione dei Ministeri a ciò competenti, bensì da un semplice  comitato interno all’ente e senza le garanzie partecipative recate dal citato D. L.gs. n. 38/ 2000;  C)= non deriva, infine, dalle direttive emanate dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza – C.I.V. dell’Inail in data 20/ 26.11.2001 che aveva incaricato gli organi di gestione di integrare il predetto comitato con medici di fiducia delle parti sociali e di svolgere uno studio e un esame  degli orientamenti della giurisprudenza  sul mobbing, direttive che invece sono state disattese nella procedura di formazione nel contenuto della circolare n. 71 citata.

T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. IIIa, 5.5.2005

Assicurazioni sociali – Tutela del lavoratore in genere – Malattie professionali – Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro (c.d. mobbing) – Risarcibilità – Condizione – Accertamento rigoroso della causa di lavoro – Sussiste

Assicurazioni sociali – Malattia professionale – Mobbing – Malattia non tabellata – Rischio e diagnosi come malattia tutelata – Onere della prova della patologia a carico del solo lavoratore – Esclusione

Assicurazioni sociali – Malattia professionale – Mobbing – Malattia non tabellata – Caratteri e condizioni generali perché sia considerata malattia tabellata – Analisi approfondita delle patologie specifiche ad opera di organismi a ciò destinati – Sussiste – Integrazione non prevista della disciplina generale disposta con circolari interne dell’ente assicuratore – Esclusione

Oltre alle malattie c.d. “tabellate”  ai sensi degli articoli 3 e 211 del DPR n. 1124/ 1965 – per le quali vige la presunzione relativa di derivazione eziologia della patologia dall’attività lavorativa – sono indennizzabili pure le malattie professionali diverse da queste, ove sia accertata con rigore la provenienza dalla prestazione di lavoro 

L’accertamento delle condizioni di sussistenza del “mobbing” non può seguire la struttura logica dell’accertamento delle malattie c.d. “tabellate” . Sotto questo profilo deve essere annullata la circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003 secondo cui l’accertamento della sussistenza dei fattori di nocività e la diagnostica delle patologie che ne derivano è posto a carico del solo lavoratore.

La circolare n. 71 del 17.12.2003 mira ad integrare surrettiziamente il complesso delle malattie “tabellate” con violazione dell’art. 10, co. 1, del D. Lgs. n. 38/ 2000 giacchè tale integrazione – disposta con norma interna:  A)=  non deriva dal rigoroso accertamento condotto dalla apposita “Commissione scientifica per l’elaborazione e la revisione periodica delle tabelle”; B)=  non deriva da espressa volizione dei Ministeri a ciò competenti, bensì da un semplice  comitato interno all’ente e senza le garanzie partecipative recate dal citato D. L.gs. n. 38/ 2000;  C)= non deriva, infine, dalle direttive emanate dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza – C.I.V. dell’Inail in data 20/ 26.11.2001 che aveva incaricato gli organi di gestione di integrare il predetto comitato con medici di fiducia delle parti sociali e di svolgere uno studio e un esame  degli orientamenti della giurisprudenza  sul mobbing, direttive che invece sono state disattese nella procedura di formazione nel contenuto della circolare n. 71 citata.

(T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. IIIa, 5.5.2005)