Cass. Civile, Sezz. Unite – 24 marzo 2006, n.6572

Lavoro (rapporto) – In genere – Demansionamento e dequalificazione del lavoratore – Danno professionale, danno biologico e danno esistenziale – Specifica allegazione nel ricorso introduttivo sulla natura e sulle caratteristiche di ciascun pregiudizio – Necessità – Prova anche per presunzioni – Elementi di valutazione dedotti – Mancanza di taluni di essi – Lacune del procedimento logico – Sussistono

In tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo. Circa  il risarcimento del danno biologico, esso è subordinato alla esistenza di una lesione dell’integrità psico fisica clinicamente accertabile. Circa il danno esistenziale da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che colpisce la sfera areddituale del soggetto, e che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, esso va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dallo ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro della operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti la avvenuta lesione dell’interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nella abitudini di vita del soggetto) – il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico – si possa attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno, facendo ricorso, ex art. 115 cod. proc. civ. a quelle nozioni generali derivanti dalla esperienza.

(Cass. Civile, Sezz. Unite – 24 marzo 2006, n.6572)